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Incidenti stradali: Pietro Genovese torna libero. Il presidente AIFVS: “Gaia e Camilla sono rimaste senza giustizia”

 
ROMA/AVERSA – «Lo avevamo detto prima, durante e dopo il processo. Quando vengono celebrati questo tipo di procedimenti, il tempo è talmente tiranno che non dà possibilità a nessuno di metabolizzare». Così Alberto Pallotti, presidente dell’Associazione familiari e vittime della strada A.I.F.V.S. ODV, commenta la decisione dei giudici della Corte d’appello di Roma, che oggi ha rimesso in libertà Pietro Genovese, il giovane che la notte del 21 dicembre 2019 investì e uccise due ragazze di 16 anni nella zona di Corso Francia a Roma. «Quello che è, in realtà, il senso molto grave di questa tragedia emblematica di quello che succede sulle nostre strade, è che qua abbiamo due ragazzine investite sulle strisce pedonali e si è provato in ogni modo a far passare le vittime come colpevoli delle loro morti», continua Pallotti, «quando non ci si è riusciti si è sfruttata la legge, la lentezza, l’incapacità della giustizia di avere un volto umano. Questi sono i risultati. Una giustizia che non tiene conto della sofferenza delle vittime. Non mi meraviglio che il padre di Gaia dica che Pietro Genovese non si è pentito, perché il percorso non è stato fatto. Anche noi siamo convinti che non sia pentito e oggi la giustizia esce sconfitta per l’ennesima volta. Abbiamo provato a farla applicare, purtroppo questi sono i risultati». Immediata la reazione dell’avvocato Walter Rapattoni, che ha rappresentato l’associazione come parte civile nel processo: «La decisione lascia l’amaro in bocca, anche se a livello procedurale è stata applicata la legge con sentenza definitiva e pena residuale sotto un certo tipo di anni. Questa è la procedura. Noi ci siamo battuti tanto nel processo per due ragazze che non ci sono più. Dobbiamo continuare sempre a lottare per evitare questi esiti, certo per chi si è battuto tanto resta l’amarezza».
Biagio Ciaramella, vice presidente dell’A.I.F.V.S. ODV, presente al processo, ha dichiarato che «solo noi come associazione abbiamo chiesto di essere nel processo, ma una volta annullati tutti i procedimenti della parte civili, in automatico ci siamo ritrovati fuori. Questa è una grande pecca tutta italiana, perché quando le parti in causa si sono messe d’accordo non c’è più niente da fare. Come associazione non siamo soddisfatti. Avremmo avuto una speranza se tutti fossimo rimasti nel processo, cosa che non è accaduta. Adesso non ci resta che appellarci a tutti perché, se le parti civili si mettono d’accordo prima di affrontare il processo, anche se queste sono le leggi e dobbiamo rispettarle, poi i risultati sono questi». Ciaramella ha continuato: «Qui non c’è uno sbaglio dei giudici, ma di chi prima di affrontare il processo si mette d’accordo e si ritira dalle parti civili. Ciò si sta verificando in tutti i processi in cui noi ci costituiamo, perché siamo la sola associazione che combatte non per i familiari, ma per le vittime della strada. Noi – ha concluso Ciaramella – ci costituiamo parte civile non vicino ai genitori, ma dalla parte delle vittime della strada che non hanno più voce. Una volta che tutte le parti civili escono dal processo, capitano queste cose e non si rende giustizia alle vittime della strada».