FALCIANO. Riceviamo e pubblichiamo: Lettera aperta ai falcianesi
di Cinzia Abis
“Un paese ci vuole, non fosse che per il gusto di andarsene via. Un paese vuol dire non essere soli, sapere che nella gente, nelle piante, sapere che nella gente, nelle piante, nella terra c’è qualcosa di tuo, che anche quando non ci sei resta ad aspettarti” (C. Pavese, da La luna e i falò).
Come scrissi altrove, mi sono spesso pensata come per metà ‘’forestiera”, o perlomeno come una falcianese dall’identità incompiuta, parziale, mancante. Insomma: non proprio doc o dop – compiacendomene pure talvolta, lo ammetto. D’altronde tornando a Falciano, dopo averlo lasciato per diversi anni, ho ritrovato non più un paese, quanto piuttosto un mero centro abitato, dove ciascuno abita la propria casa e coltiva il proprio orto, senza viverci davvero.
Considero, beninteso, valore la riservatezza, ma se e solo se è una vera scelta. Considero valore pure il familismo, ma non se è quello del tipo amorale – per prendere in prestito un concetto di un certo Banfield.
Il mancato senso di appartenenza di cui dicevo si spiega certamente con mille o più ragioni personali che, in quanto tali, non è opportuno né necessario esaminare qui.
Quello che invece mi preme sottolineare è che per la prima volta, ovvero in occasione del mio incontro con UNITIPERFALCIANO – di cui la dott.ssa Gianna A. Novelli Genuino è candidata alla carica di sindaco nelle prossime amministrative – avendone conosciuto l’impegno e l’entusiasmo civico, dei candidati e del comitato, qualche nuovo meccanismo in me è scattato.
Una nuova prospettiva, anche di natura affettiva, mi si è aperta su Falciano. Tant’è che immediatamente e non a caso mi venne alla mente la citazione di Cesare Pavese, di cui sopra.
Credo che la lettura del breve passo in questione faccia breccia nei cuori di molti e che tocchi e individui temi su cui è importante e urgente riflettere, per pensare e impostare un nuovo progetto civico, per abbozzare un nuovo disegno politico.
Questi i temi che a mio avviso ci induce a considerare: senso di appartenenza, sentimento dei luoghi e identificazione negli stessi, aggregazione e integrazione, comunità – e, ripeto, non mero centro abitato.
Insomma, per dirlo con Pavese:
“ Un paese ci vuole, non fosse che per il gusto di andarsene via”.
Penso a tal riguardo ai molti giovani emigrati e trasferitisi in città e che all’occorrenza tornano al proprio paese d’origine, Falciano appunto.
La domanda che pertanto dovremmo porci è, a mio avviso, la seguente: Falciano del Massico è, ad oggi, un paese in senso pieno? Ha una sua propria identità?
L’identità di un paese si costruisce e non è data una volta e per tutte.
La valorizzazione del territorio falcianese, che vanta di bellezze naturalistiche e materie prime non da poco; l’attenzione e il recupero della memoria senza la quale non si dà identità né vero cambiamento; la restituzione ai cittadini della parola in materia di bisogni e convivenza civile, potrebbero finalmente innescare processi di formazione di un paese in senso pieno. Sarebbe a tal fine necessario ricavare o ripristinare luoghi di aggregazione. Tanto per fare un esempio: bisognerebbe recuperare la biblioteca comunale, obiettivo tra gli altri caro a UNITIPERFALCIANO.
E, aggiungo: si potrebbe pensare all’istituzione al suo interno di un archivio dedicato alla storia e alle tradizioni culturali del paese.
E’ certo che c’è tanto altro da fare, ma non è mia intenzione, né è di mia competenza, stilarne un elenco. Piuttosto, mi auguro che a UNITIPERFACIANO venga data l’opportunità di ricostruire un paese nel senso e nella direzione qui descritti e auspicati.
FALCIANO DEL MASSICO, 07 maggio 2017
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