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Thereportzone incontra Sergio Nazzaro: dopo la diretta Facebook di ieri, ecco l’intervista scritta

 
 

Come anticipato nella diretta andata in onda sulla nostra pagina Facebook alle ore 19.00 (GUARDA QUI), vi proponiamo qui di seguito, l’intervista a Sergio Nazzaro. Intervista che abbiamo deciso di trascrivere e riportare anche attraverso un articolo scritto, e non soltanto attraverso il video andato in diretta.

  1. Sergio Nazzaro, chiedo un tuo parere: In questa emergenza, sono stati (secondo te) trascurati gli effetti collaterali della stessa, sul piano sociale e su quello della criminalità organizzata?

SERGIO NAZZARO:Se dicevo a chi ci legge, che tre o quattro mesi fa non potevo uscire di casa perché c’era una pandemia e oltremodo senza una autocertificazione altrimenti la polizia mi fermava, in strade completamente vuote, mi avrebbero dato del pazzo, e avrebbero dato del pazzo a chiunque. Questo per dire che cosa: oggi già viviamo con una mentalità che è quella della pandemia, il virus, che abbiamo studiato, appreso e cercato di comprendere. Un po’ un fenomeno che immaginavamo potesse essere solo la trama di un film. Io non credo che si siano trascurati gli effetti collaterali, ma sono anche effetti collaterali che si stanno sviluppando in questo momento. Di certo c’è, che le mafie hanno sempre, e dico sempre, approfittato delle emergenze. Basti pensare al terremoto dell’Irpinia, che ha riempito le casse della nuova camorra organizzata. Quindi, siamo d’avanti ad un fenomeno nuovo, imprevisto per certi versi, e a questi fenomeni bisogna rispondere agendo con determinazione e grande forza. E tengo anche a sottolineare che, dal punto di vista delle criminalità organizzate e delle mafie, immediatamente il Procuratore Capo dell’Antimafia Cafiero De Raho la lanciato un allarme, il Capo della Polizia Franco Gabrielli, ha istituito una cabina di regia interforze, e quindi presenti tutte le forze di polizia in Italia per monitorare e prevenire. Ne cito un altro, il Magistrato Nicola Gratteri, che ha lanciato immediatamente l’allarme. Perché?  Perché in Italia abbiamo una delle migliori legislazioni antimafia. Abbiamo delle forze di polizia eccellenti, nel prevenire e nel reprimere, e così anche un’eccellente magistratura antimafia che ogni giorno combatte questo fronte“.
 

  1. Sergio, dal tuo studio “PARALLEL CONTAGION” si evince l’operato subdolo delle mafie che, ad esempio, in questa emergenza, stanno cercando di consolidare il loro sostegno sociale distribuendo cibo gratis nelle comunità. È un dato, questo,  incredibilmente preoccupante. Ma è veramente così? Ossia: è vero che le mafie agiscono principalmente laddove lo Stato mostra carenze, o è addirittura assente? 

SERGIO NAZZARO:Le mafie si muovono si, dove lo Stato è carente. Dove lo Stato non è presente. Dove lo Stato è debole. E’ una costante. Dove non c’è lavoro, intervengono le mafie. Dove c’è disagio sociale; intervengono le mafie. Ma questo è l’evidenza delle mafie. Perché, se cambiamo prospetto, di mafie ci sono quelle dei colletti bianchi, quelle finanziarie, quelle degli investimenti, delle scalate societarie, dello scudo fiscale, del riciclaggio e dell’auto-riciclaggio, laddove abbiamo invece uno Stato che è presente, soprattutto nel nord Italia, dove abbiamo una società civile che funziona, molto più del Sud, è un’evidenza, è un dato di fatto, ma addirittura è oltrepassando i confini dell’Europa, anche negli Stati che noi prendiamo a modello, come organizzazione sociale. Quindi, da una parte le mafie si inseriscono dove il contesto sociale è disagiato, dall’altro si inseriscono dove il contesto sociale è perfetto. Quindi, riassumendo, semplicemente le mafie si infiltrano ovunque, Sono già infiltrate. Sono presenti nel nostro tessuto economico e sociale da decenni, in Italia e in Europa e anche nel Mondo. Quindi, oggi c’è questa immagine della busta di spesa che ha colpito la fantasia. E’ successo in maniera localizzata, ma come al solito vogliamo far credere che la mafia sia “coppola e lupara” e la “busta della spesa”, e non vediamo le acquisizioni societarie, che poi sono quelle che condizionano la vita di decine di migliaia di persone perché entrano nel tessuto non solo economico e legale, ma nella grande produzione, nella grande industria, nei grandi flussi finanziari”.
 

  1. Sergio, il sunto che viene fuori dal tuo studio si sta materializzando, nelle ultime ore, anche in appelli di senatori quali Sandro Ruotolo, che dice: “Sbloccate i fondi o consegneremo le imprese alle organizzazioni criminali” 

SERGIO NAZZARO: “Lo studio che sto conducendo per la Global Initiative against Transnational Organized Crime, che è un centro di studi internazionali con sede a Ginevra, è ancora in divenire, ma di certo c’è, come ho ragionato con tanti diversi colleghi americani, francesi, spagnoli, croati, che in un momento epocale come questo, la pandemia, che ha bloccato le nostre economie e bloccato la vita della gente, e oltremodo, cosa più importante, ha stroncato la vita di decine di migliaia di nostri cittadini, familiari e amici, in questo momento sentire ancora che in Europa si discute di come aiutare gli Stati membri, economicamente, è la più grande apertura ed aiuto alle mafie. Perché le mafie hanno liquidità, non hanno burocrazia, e si muovono con estrema rapidità. Ripeto, spesso, in questi giorni: perché andiamo lenti? Perché noi abbiamo la democrazia, loro usano la violenza. Noi discutiamo, loro intimidiscono. Ma detto ciò, è importante che la democrazia si sappia muovere con rapidità, per dare le risposte ai cittadini, innanzitutto perché le deve dare, perché una democrazia risponde ai cittadini. Ma soprattutto, in Italia, le deve dare perché noi abbiamo un nemico temibile, che sono le mafie, che vivono delle emergenze. Vivono delle emergenze come il terremoto in Irpinia, che ha riempito di quattrini a non finire, le famiglie di camorra della Campania. Questo è il punto. Le mafie sono avvelenate, avvelenano tanto quanto il Coronavirus. E gli aiuti che danno, sono peggio del Coronavirus, perché sono interessi che si pagano a vita, e si pagano con la vita stessa. Sono un virus. Sono un cancro vero. Ma questo deve portare che le risposte siano più veloci delle mafie”.
 

  1. In un estratto del tuo studio, pubblicato in Esclusiva da Fanpage qualche giorno fa, si entra ancor più nello specifico quando si parla della rivolta nelle carceri, simultanea al lockdown italiano, e si parla della differenza fra Camorra e Ndrangheta. Quali sono i meccanismi che regolano  queste terribili rivolte alle quali tutti abbiamo assistito ? 

SERGIO NAZZARO:In merito alle rivolte in carcere, anche qui, sempre per la GI-Toc, ho finalizzato un lungo studio, perché il “Contagio Parallelo” è fatto di questa tavola virtuale delle quattro interviste, tre sezioni (sanità, carceri, welfare) e poi ci sarà un ulteriore “round table”, una discussione tra quattro preminenti figure che lo chiudono. Andando ad analizzare le rivolte in carcere, studiando anche con determinate fonti, emerge questo quadro, come riportato, di dislinea. In Calabria non ci sono state rivolte, quindi la Ndrangeta non aveva bisogno di rumore al di fuori, e ha controllato. In Sicilia sembra quasi che si sia partecipato “tanto per” partecipare. Gli scontri più duri li abbiamo avuti in Campania, dove probabilmente il blocco delle visite ha bloccato l’entrata di telefonini e di sostanze stupefacenti. Io credo, e le mie fonti lo confermano, che vi fosse una totale regia criminale dietro. Poi, su questo, la magistratura darà le dovute risposte e su questo stanno lavorando tante diverse Procure. Ma è indubbio, che degli elementi ci permetto di dire che possa essere sicuro. Abbiamo 189 carceri in Italia: 70 sono andate completamente in fiamme con rivolta ed evasioni, come quello di Foggia, che è esponenziale. E’ una sorta di camorra esponenziale, con 72 evasi, ma da tenere presente che invece a Lecce non è successo nulla, dove ci sono figure di spicco della criminalità pugliese che non volevano disordini di questo genere. In Emilia Romagna, invece, a Modena è andato in fiamme il carcere. A Reggio Emilia, invece, no. A Reggio Emilia ci sono ndrangetisti a processo, a Modena i camorristi. Quindi si disegna una mappa. E, detto questo: 70 carceri vanno letteralmente in fiamme; 30 vivono delle rivolte pacifiche, ma comunque rivolte, quindi su un totale di 189, 100 carceri sono in subbuglio, a dir poco. I parenti dei carcerati si trovano simultaneamente tutti quanti fuori, è chiaro che c’è stata una organizzazione precisa: dal 7 al 9 di marzo abbiamo avuto i tre giorni che hanno sconvolto l’Italia”.

  1. Sergio, buona parte di questo tuo studio è stato eseguito attraverso importanti interviste a Procuratori, Capi di Polizia e Parlamentari. Quale, in queste tue lunghissime chiacchierate, è il dato o l’elemento che ne emerge e che più ti “impressiona/preoccupa”?

SERGIO NAZZARO:Le interviste servono per confrontarsi, ascoltare, soprattutto. A me non è mai piaciuto quando un ricercatore, uno scrittore, un giornalista, sembra che faccia suo questo materiale e quasi lo partorisce. Beh, è un’invenzione, e anche un falso. Noi abbiamo la possibilità, io la fortuna facendo questo lavoro, di poter  interagire con procuratori, magistrati, poliziotti di ogni ordine e grado, che sono uomini e donne ricchi di esperienza, di punti di vista, di analisi. E, a noi, tocca un po’ un lavoro di collage. Quello che mi ha colpito molto è un’estrema preparazione, attenzione e preoccupazione. Perché, tutta questa parte di Stato che lavora per la protezione dei cittadini, è gente che non si da tregua. Questo bisogna dirlo. E’ gente che lavora 24 ore al giorno,  che è sempre reperibile, che il giuramento che hanno fatto, l’hanno preso profondamente dentro di sé.  Noi ci sentiamo a tutti gli orari, qualsiasi giorno sia, sette giorni su sette. E questo dimostra che noi abbiamo delle forze dell’ordine e una magistratura dedicata alla sicurezza dei cittadini. Sono preoccupati, si. Perché conoscono il nemico che abbiamo di fronte. La mafia, non è quella che spara che è pericolosa, ma è quella che traffica droga, che ri-investe i proventi della droga in altre attività, che con quei soldi ri-alimenta il traffico di droga, con quei soldi crea influenze, corrompe amministrazioni comunali, regionali, fino ad arrivare ai livelli più alti della politica.  E’ una costante, in Italia. Questa è la preoccupazione. Perciò è importante non farsi distrarre da facili e retoriche figure. Le mafie vere, sono invisibili. Le mafie, sono quelle che hanno messo le mani sulla sanità, non oggi, ma da decenni. E quindi, anche qui, nei miei report, analizzo tante diverse investigazioni che ci sono state. Tra cui una, che è per noi è fondamentale, condotta dal dottor Giuseppe Linares, direttore dello SCA, Sezione Centrale Anticrimine, che all’epoca era a capo della DIA , quando ha sciolto l’Ospedale Sant’Anna di Caserta per infiltrazioni camorristiche. Ed è stato una prima assoluta. Perché in Italia, fino a quel punto, si erano sciolte le Asl, le Asp, cioè il corpo amministrativo. Mai, prima dell’operazione della DIA condotta dal dottor Linares, era stato sciolto un ospedale, una struttura ospedaliera dove, come mi ha narrato ricordando quella importantissima indagine (Croce Nera, gioco di parole con la Croce Rossa), i casalesi avevano messo mano a tutto: dall’ascensore alla merendina del distributore automatico, dal caffè alla ristrutturazione. Le mafie uccidono. Le mafie hanno depredato la salute e la sanità dei cittadini. Perciò, noi, ogni qualvolta giriamo la testa, ha preso una tangente, ha fatto un’opera di corruzione, a noi non ce ne frega, però poi, quando stiamo male, e andiamo in ospedale, e vediamo che non funziona, a parte le responsabilità personali di chi dirige e di chi opera, allora domandiamoci qual è il peggior male di questa nostra Nazione. E’ la disattenzione. Nel 2019, solo in Calabria sono state sciolte due Asp. Quindi, come si evince, perché erano Reggio Calabria e Cosenza, rappresentavano il 40% della sanità pubblica. E raccomando la lettura dello scioglimento per il commissariamento per infiltrazione di ndrangeta, scritta dal Ministro Lamorgese, che è fondamentale. Se vogliamo capire, quindi, le mafie, bisogna studiare, e studiare ancora di più”.
 

  1. I tuoi lavori e le tue opere, andando un po’ più a ritroso, hanno sempre rappresentato una “chiave imprescindibile” per intuire il funzionamento delle mafie. In particolare: partendo da “Io, per fortuna c’ho la camorra”(2007), passando per “Mafiafrica” (2010) fino a “Mafia Nigeriana: la prima inchiesta della squadra antitratta” (2019), svisceri i meccanismi della camorra in Provincia di Caserta e le problematiche legate a Castel Volturno, sulle quali sei stato forse il primo a riuscire nell’intento di puntare i riflettori delle Istituzioni su quello che è sempre stato un “territorio abbandonato”.  Hai iniziato a scrivere nei primi anni del 2000: dopo quasi vent’anni, cos’ è cambiato? E poi, in chiusura: qualche giorno fa la morte di Valerio Taglione, fondatore del Comitato Don Peppe Diana. Hai dedicato un lungo scritto, sui social, a questa persona che hai definito un fratello. Ecco. Mi piacerebbe chiudere questa intervista con un appello da parte tua, partendo dal significato della morte di una persona quale Taglione, fino ad arrivare a chi, quotidianamente, continua a lottare contro la Camorra.

SERGIO NAZZARO:Dopo vent’anni è cambiato tanto. Per dire, una delle interviste più significative che ritengo di aver fatto, è quando ho potuto intervistare anche un boss del calibro di Augusto La Torre, oggi collaboratore di giustizia,. E’ stato un confrontarsi con quello che era il male di quando io ero giovane. Questo, però, mi ha dato il segno del tempo. Negli anni novanta c’era una società violenta, selvaggia, brutale, decine di morti, almeno a Mondragone. Ma le cose cambiano. Un po’ meno sul territorio di Sessa Aurunca, ove non abbiamo che boss si sono pentiti e quindi sono ancora al 41bis, e ci dovremmo interrogare del perché. Perché quando queste persone usciranno, troveranno un territorio cambiato, un territorio che ha capito che la camorra fa, toglie speranza, che la camorra uccide, che la camorra costringe i ragazzi ad emigrare. Che la camorra fa tutto questo per un mero tornaconto personale e per guadagno proprio. Un pugno, un manipolo di pochi che vogliono opprimere i tanti. Beh, è cambiato il territorio. Abbiamo i beni confiscati, le azienda anti racket, imprenditori che denunciano il racket, imprenditori commercianti, e noi abbiamo il luminoso esempio, a Sessa Aurunca, di Alberto Varone, ammazzato dalla camorra di Sessa, che è diventato un simbolo. Perché sapete che c’è: noi dei camorristi di Sessa Aurunca quasi non ce ne ricordiamo più, grazie a dio. Ma invece, di Alberto Varone, eroe civile, ce ne ricordiamo. E’ cambiato tanto. La camorra ormai è anacronistica. Non esiste più. La storia l’ha superata, grazie al grande lavoro e sacrificio di polizia e magistratura e dei cittadini onesti. Cittadini onesti che oggi hanno preso in mano il testimone della speranza. Noi viviamo in territori meravigliosi, i nostri territori sono bellissimi. E la camorra ha avuto sempre dei grandi complici, ed è il momento di fare i nomi: l’ignoranza, l’indifferenza, il menefreghismo. Così non va. Un territorio si aiuta prendendosi sotto braccio, tutti quanti, e dicendo: queste sono terre meravigliose e sono le nostre terre. Sono le terre di Don Peppe Diana. Il sacerdote ucciso a Casal di Principe e che ci ha insegnato che se noi reagiamo c’è speranza. E qui voglio ricordare Valerio Taglione, un amico, un fratello. Io l’ho definito un fratello perché era per me come un fratello maggiore, aveva qualche anno più di me. Un tumore. Il tumore della Terra dei Fuochi, perché questa è la camorra di Sessa Aurunca, di Casal di Principe. E poi possono dire quello che vogliono: “ma io non l’ho fatta questa operazione”, “io non ho sversato rifiuti”. Siete camorristi! Siete tutti complici! Non c’è distinzione se li sversate o meno, siete tutti complici! Di aver fatto morire bambini di tumore, e anche questo nostro grande amico, Valerio Taglione, che ci ha insegnato una cosa, che con determinazione, silenzio, sorriso, senza cercare la luce dei riflettori, insegnava i valori della legalità, della solidarietà, ma anche i valori della resistenza, di non piegare mai la testa contro i camorristi, mai. Di non piegare la testa davanti ai piccoli corrotti,  a quelli che vivono nelle amministrazioni comunali, quelli della piccola tangente, del piccolo potere. Perché si, il territorio è cambiato, c’è speranza. Ora la domanda è: gli altri, con chi stanno?  Hanno preso parte. Le amministrazioni comunali, con chi stanno?  Perché oggi, nessuno più può dire che non sa. Tutti sanno. E la maggioranza è onesta. La maggioranza rifiuta la camorra, i corrotti, i corruttori, l’ignoranza, la diffidenza, l’egoismo, e abbraccia la solidarietà. Perché le nostre sono le terre di Don Peppe Diana, non più terre di camorra”.