CULTURA. (articolo a cura del Prof. Giuseppe Toscano) Ragionavo con un giovane amico sulla drammatica ed angosciosa realtà che si sta vivendo a causa di un minuscolo virus, un mostriciattolo invisibile, che le studia tutte pur di entrare nelle parti vitali del corpo umano per debilitarlo sino alla morte.
Purtroppo le risposte della scienza medica sono, per ora,non troppo efficaci ed efficienti per fermarlo nella sua azione devastatrice, si attende un vaccino che possa frenarne la corsa ed annullare la sua pericolosità.
Questo virus non dà tregua e la sua corsa è inarrestabile anzi la sua intelligenza di trasmissione, se così la si può chiamare, precorre le cure che la scienza medica si affanna a mettere in campo e fa capire in modo chiaroche, per il momento, è lui che tira le fila di tutto e che ha nelle sue mani le sorti di ognuno di noi.
La sua irruenza e la sua spavalderia sconvolge anche le previsioni legate agli algoritmi studiati per poterlo inseguire e trovare il punto debole per rallentarne la corsa.
Il mio giovane amico, ancora ingenuo nel credere che la scienza medica ha nelle sue mani la concreta possibilità, non ricordando ciò che è accaduto in altri tempi e con altre pandemie, di poter mettere presto la parola fine al brutale assalto di un piccolo ed insignificanteectoplasma, è caduto in pieno panico quando ha dovuto registrare che ormai chi opponeva meno resistenza al virus non erano solo le “fasce deboli”, cioè persone non più giovani, ma anche giovani, come lui, che in vari momenti hanno sfidato a viso aperto il virus senza le precauzioni consigliate.
Mi ricordava che aveva letto e studiato “I Promessi Sposi” di Alessandro Manzoni e che nel lontano Seicento era accaduta una simile sciagura con la peste bubbonica che decimò la popolazione di intere città.
La scienza medica del Seicento, approssimativa ed empirica, poco fece per contrastare la peste se non creando lazzaretti dovunque perché nessuno dei luminari di allora seppe dare valide spiegazioni al perché di quella moria di persone e nessuno pensò che l’antidodo era a portata di mano: bastava vivere in luoghi privi della presenza dei topi, evitare di stare insieme in luoghi chiusi, pulire spesso il proprio corpo dalle pulci che lo infestavano. Si pensò di sconfiggere una pandemia da contatto solo con la quarantena.
Come accade nei nostri giorni anche nel Seicento si volle indagare sul perché di quella devastante peste e della sua trasmissione e le menti pensanti di allora vollero attribuire il tutto ad una malefica congiunzione degli astri, all’azione degli “untori” per impaurire le gente e derubarla, a fattucchiere e streghe perché condizionassero gli ammalati a sottoporsi alle loro arti magiche. Non bastò questo, si volle dare anche una risposta pseudo scientifica seguendo la regola aurea delsillogismo aristotelico perdendosi, con i loro ragionamenti, dietro parole, per noi oggi ridicole, che nulla avevano che fare con la drammaticità della peste bubbonica.
Parlarono di sostanza e di accidenti, categorie filosofiche buone per una esercitazione deduttiva, ma che non avevano nessuna attinenza con la pandemia pestifera e si affermò in modo solenne ed inequivocabile che la peste non esisteva in quando non era né sostanza e né accidenti.
Don Ferrante, aristotelico convinto, che aveva condotto con argomentazioni la discussione, come ci racconta il Manzoni, fu attaccato dalla peste ” andò a letto, a morire, come un eroe di Metastasio, prendendosela con le stelle”.
In chiave moderna e con personaggi diversi ma più acculturati di Don Ferrante e dei suoi interlocutori assistiamo alle stesse discussioni e le conclusioni, ad oggi, sono simili.
La storia ha sempre insegnato che le grandi sciagure di pandemia ciclicamente si presentano senza essere annunziate e non si è preparati per affrontarle perché sipensa che la scienza troverà sempre le cure utili per sconfiggerle.
Non è così. Saremo sempre indifesi se non si crea in ognuno la certezza che le sciagure di ogni tipo si anticipano con la ricerca e lo studio preventivo di mutamenti che la stessa natura ci preannuncia e che la scienza non riesce ad intercettare perché distratta da altri obiettivi.
Nei periodi di pandemia è necessario essere guidati, anzi governati, da persone preparate che con la loro esperienza siano un valido supporto e sostegno a ciò che la scienza medica programma per arginare e sconfiggere un’ epidemia sconosciuta.
Purtroppo, in questi mesi drammatici, siamo supportati e sostenuti solo da”cacicchi”, dei capi tribù, che detengono un potere quasi assoluto che permette loro di decidere sulla vita e sulla morte di ognuno di noi e che scimmiottano dovunque un sapere legato alla supponenza ed alla approssimazione.
Ed i “cacicchi” con la loro arroganza si trasformano giorno per giorno in “monatti”.
I” monatti” ricordati da A. Manzoni, utili nel Seicento durante la peste per liberare le case e le strade dai morti di peste, furono necessari per effettuare il lavoro sporco di pulizia di ciò che la peste produceva e furono i veri padroni delle strade per non dire delle intere città. In modo analogo, in un paese sconvolto dal coronavirus, personaggi grigi ed inutili sono diventati i responsabili di una catastrofe che la loro inefficienza non è risuscita ad evitare ma che ha peggiorato.
Sono questi moderni e raffinati “cacicchi” e “monatti” che approfittando dello scompiglio provocato dalla virulenza pandemica in nome di un potere avuto dal popolo ma gestito per loro uso e consumo, accecati dalla prepotenza, impongono soluzioni in cui anche loro non credono ma che producono solo scoramento e disperazione.
Ai “monatti e cacicchi” poco interessa la corsa implacabile del coronavirus e del dramma che colpisce giornalmente tante famiglie, per loro è necessario solo autogiustificarsi di ciò che non sanno fare e scaricare le loro responsabilità su altri. Non hanno il coraggio di parlare in modo chiaro e diretto, impongono solo restrizioni e sacrifici economici e non hanno il pudore di rinunciare alle loro laute prebende legate ai loro incarichi. Gracchiano solo falsità impietose.
Intanto il bollettino quotidiano dei morti, in modo implacabile. li accusa della loro inettitudine e del loro cinismo.
Per loro questa moria quotidiana di persone che non distingue né età e né sesso non scalfisce per nulla la loro coscienza anzi la giustificano in modo indecoroso come una necessità “per alleggerire la pressione sugli ospedali”e non come un razzismo latente per eliminare i deboli ed i bisognosi di cure perché sono un costo per un società creata da loro, una società in cui trionfa un nero egoismo ed una sfrenata avarizia legata al loro potere
“I monatti” manzoniani ed “i cacicchi” erano migliori di quelli nostrani perché non profferivano parole ingannevoli ma chiamati per portar via i malati di peste o a difendere il loro territorio di influenza attuavano una loro strategia malvagia ed in combutta con chi doveva controllarli, liberando le strade dagli appestati o difendendo il potere della Spagna nelle colonie, il solocompenso era di avere mano libera nel depredare ciò che trovavano.
“I monatti” e “cacicchi” nostrani,, invece, non si sporcano le mani nella raccolta dei cadaveri per portarli al forno crematorio o in altri posti e non difendono i diritti che ogni uomo ha conquistato per la propria sopravvivenza, si sporcano le mani, e come, solo nel depredare tutto ciò che gli capita di afferrare.
Si assiste, oggi, ad imbonitori che approfittano della loro fortuna di essere stati scelti a governare il territorio italiano che, senza ritegno alcuno, proclamano che il coronavirus può essere fermato solo abbandonando al loro destino, una sicura morte, chi non è più produttivo, i vecchi, in modo da rubargli anche la vita quando, con inganno. gli hanno rubato il voto.
Nel racconto manzoniano si trova un briciolo di pietà nei governanti di allora che crearono per le persone colpite dal morbo della peste un luogo, il lazzaretto, in cui potevano essere assistite da persone caritatevoli.
In questi mesi di pandemia gli strateghi della lotta contro il virus oltre a depauperare una struttura sanitaria creataper curare tutti senza distinzione di censo, hanno distrutto il sistema pubblico di cure per crearne un altro, il privato, in cui prevale l’ingordigia per il guadagno e la selezione delle persone per accedere alle cure.
Ed il popolo non si ribella e non usa i forconi per stanarlidalle loro tane.
Non si vergognano e non pensano di abbandonare la mangiatoia dove attingono in continuazione il loro nutrimento perché sanno, come i “monatti” del Manzonied “i cacicchi”, che chi li ha messi su quella sedia di comando con il proprio voto è così frastornato ed impaurito dalla tragedia che sta vivendo da non pensare al tragico futuro che dovrà affrontare dopo la sconfitta del virus.
Il mio giovane amico mi fa notare che qualcuno di quella specie di becchini del Manzoni con i loro ”logori e sudici vestiti rossi, con due facce da scomunicati e molesti” ebbero un momento di pietà quando videro una madre dolorosa affidare a loro la figlioletta Cecilia “ il monatto si mise una mano sul petto; e poi tutto premuroso e quasi ossequioso, più per un nuovo sentimento che per l’inaspettata ricompensa, s’affaccendò a fare un po’ di posto sul carro per la morticina”.
La pietà, per fortuna, non è morta allora come non morrà nei nostri giorni
Negli ospedali ridotti a lazzaretto vi sono persone generose, il personale sanitario, che con le lacrime agli occhi soffrono e combattono per dare una speranza di vita a chi è sul punto di lasciarla. Senza il loro impegno diuturno ed il loro sacrificio sino a mettere in serio pericolo la loro vita oggi il conto dei morti sarebbe ben diverso da quello che leggiamo sui bollettini ufficiali
I”cacicchi”, imperterriti, non hanno mai avvertito e non avvertono il nobile sentimento della pietà.
Presto vivremo un’altra storia, quella dell’uso delvaccino che deve almeno attutire se non annullare la virulenza pandemica del Covid 19. Si sono prese altre strade per l’attuazione del programma di vaccinazione e si spera che “cacicchi e monatti” cacciati dalla porta non rientrano, come è negli usi e costumi del vivere italiano, dalla finestra. Sarebbe la fine della speranza tanto sognata durante questi mesi di sofferenze e di lutti. Falciano del Massico 03/12/2020. Giuseppe Toscano
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