BENEVENTO/NAPOLI – E’ stato mandato a lavorare a quattro metri di altezza senza casco protettivo, senza dispositivi e imbracature di sicurezza, senza parapetti e nonostante fosse inidoneo a svolgere lavori in quota.
Sono innumerevoli e gravi le violazioni alle più elementari norme antinfortunistiche portate alla luce dall’inchiesta sull’ennesima, evitabile morte bianca, quella dell’appena 58enne Tommaso De Luca, per la quale ora, a conclusione delle indagini preliminari, la Procura di Benevento ha chiesto sei rinvii a giudizio: una tragedia aggravata dal fatto di essere accaduta in un contesto “pubblico”, un cantiere di Rfi, Rete Ferroviaria Italiana, che vede anche un proprio funzionario tra i sei imputati che dovranno comparire in aula per rispondere del reato di omicidio colposo il 4 aprile 2022. Si avvicina dunque il momento della verità e della giustizia per la moglie e i quattro figli della vittima che, per essere assistiti, tramite l’Area manager Luigi Cisonna, si sono affidati a Studio3A-Valore S.p.A., società specializzata a livello nazionale nel risarcimento danni e nella tutela dei diritti dei cittadini, in collaborazione con l’Avv. Aldo Maria Fornari.
De Luca, di Casoria (Na), dipendente dell’impresa edile R.e.m. Srl di Benevento, il 3 febbraio 2020 era impegnato con dei colleghi in un cantiere nella stazione di Benevento per realizzare un fabbricato destinato ad “Apparato computerizzato centrale“, quand’è precipitato dal solaio dell’edificio in costrizione da un’altezza di 3,73 metri: caduta che non gli ha lasciato scampo, è deceduto sul colpo. Il Pubblico Ministero della Procura beneventana, dott.ssa Maria Colucci, ha aperto un procedimento penale, prima contro cogniti e poi spiccando i primi avvisi di garanzia, sette, e ha disposto l’autopsia, incaricando il medico legale dott. Massimiliano dell’Aquila: alle operazioni peritali ha partecipato anche la dott.ssa Natascha Pascale come consulente di parte dei familiari del lavoratore, messa a disposizione da Studio3A. Le conclusioni del Ctu hanno fugato ogni dubbio sulla causa del decesso, dovuto “in tutto e per tutto” al grave trauma cranico riportato in seguito alla perdita d’equilibrio e alla caduta a testa all’ingiù dall’impalcatura: le indagini istologiche hanno escluso che la morte possa essere stata causata da un precedente malore. Per inciso, le analisi tossicologiche hanno altresì evidenziato la totale assenza di alcool e sostanze stupefacenti nel sangue della vittima, nulla che potesse comprometterne lo stato di attenzione: l’operaio era “pulito”, in condizioni psicofisiche perfette.
Dunque, la sua tragica fine è stata dovuta unicamente al volo di sotto che però si sarebbe potuto e dovuto evitare se solo fossero state rispettate le normative. L’inchiesta, condotta con l’ausilio in primis degli ispettori del servizio di Igiene e Medicina del Lavoro dell’Asl beneventana, ha rilevato in quel cantiere le più svariate lacune e omissioni, per le quali sono già state sanzionate con provvedimenti amministrativi e ammende pecuniarie le imprese coinvolte, Rfi compresa, e in forza delle quali il Sostituto Procuratore ha chiesto il processo per sei persone, tutti accusati del reato omicidio colposo in concorso, aggravato dal fatto di essere stato commesso con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro, per aver causato “la morte di Tommaso De Luca il quale, privo del casco e dei sistemi di sicurezza previsti per i lavoratori in quota, cadeva dal solaio del fabbricato” per citare l’atto del magistrato. Al suo datore di lavoro, Emilio Russo, 64 anni, di Villaricca (Na), legale rappresentate della R.e.m., si imputa di aver omesso “di dotare il fabbricato, e in particolare il costruendo solaio di piano, su tutti i lati verso il vuoto, di normali e robusti parapetti e cioè di protezioni contro le cadute dall’alto, alte almeno un metro”; di dotare i lavoratori che eseguivano lavori in quota di “dispositivi e imbracature di sicurezza“ e di allestire “linee vita da collegarsi alle stesse“; di “impiegare sistemi di accesso e posizionamento mediante funi alle quali il lavoratore fosse direttamente sostenuto“; di fornire agli addetti “necessari e idonei dispositivi di protezione individuale e dunque casco protettivo e imbracature di sicurezza“; di non aver tenuto conto, nell’affidare i compiti ai dipendenti, “delle capacità e delle condizioni degli stessi in rapporto alla loro salute e sicurezza”: De Luca eseguiva lavori in quota pur avendo “una limitazione sul giudizio d’idoneità fisica alla mansione a non eseguire lavori in altezza” da parte del medico dell’azienda. Oltre a Russo, è stato chiesto il rinvio a giudizio anche per un altro dipendente dell’impresa, Pasquale Moccia, 58 anni di Cardito (Na), per non aver vigilato, nella sua funzione di “preposto” sull’osservanza degli obblighi di legge nel cantiere e non aver segnalato al titolare queste gravi lacune.
Ma R.e.m. era solo l’ultima ruota, la ditta subappaltatrice dei lavori: responsabilità altrettanto gravi sono state riscontrate ai “livelli superiori” sul piano del doveroso controllo e verifica dell’applicazione del piano generale di sicurezza e coordinamento e relative procedure, della congruità del piano di sicurezza dell’impresa esecutrice, della realizzazione delle protezioni collettive come i parapetti o della consegna ai dipendenti dei dispositivi di protezione individuale, dai caschi alle imbracature. E’ stato quindi chiesto il processo anche per Marco Cerullo, 60 anni, di Latina, funzionario di Rfi, quale responsabile del procedimento e dei lavori in questione, e, a cascata, per Luigi Tamantini, 45 anni, di Casoria, libero professionista incaricato da Rfi nella sua qualità di coordinatore per la sicurezza in fase di esecuzione; per Vincenzo Tucci, 55 anni, di Casoria, come legale rappresentante della società “Centro Meridionale Costruzioni srl” affidataria nonché mandataria e firmataria dell’accordo quadro di appalto tra Rfi e il Rti, il Raggruppamento Temporaneo di Imprese che se l’era aggiudicato; infine per Mario Filosa, 70 anni, di Itri, quale legale rappresentante della Macfer srl mandante del Rti ed esecutrice dei lavori, poi subappaltati alla R.e.m.
Riscontrando la richiesta del Pm, il Gup, dott.ssa Gelsomina Palmieri, ha fissato l’udienza preliminare del processo per il 4 aprile 2022, alle 10.45, nel palazzo di Giustizia di Benevento: un processo da cui i familiari della vittima e Studio3A si aspettano che vengano chiarite e adeguatamente punite tutte le responsabilità, nella speranza che questo punto fermo dell’inchiesta porti anche le imprese coinvolte ad assumersi le proprie, di responsabilità, sul piano risarcitorio.
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