Giornata intensa trascorsa in bus. Dodici ore con una sosta d’eccezione: Il Colca Canion. Lungo circa 70 km e con una profondità massima che tocca i 2000 m. Alla sua base gli “andenes”. Ossia campi coltivati a gradoni e terrazzamenti mantenuti ancora in maniera ancestrale. Dal mirador è possibile proseguire per un circuito di terra battuta che si districa tra cactus e specie autoctone. Dall’altro lato, oltre allo splendore naturale di uno dei canion più grandi del mondo, ammiriamo il volo del condor andino.
Dopo lo spettacolo del Colca tagliamo per le Ande dove la presenza di vita è data soltanto da ciuffetti di erba e boschi di cactus. La presenza animale in qualche gregge di alpaca o lama. La presenza umana per vendere ai turisti manufatti e bevande. Risaliamo ai 4910.
Anche se l’aria è rarefatta non soffro particolarmente il “mal di montagna”. Seguo i consigli dettati dai peruviani: mangiare abbondantemente a pranzo e leggero la sera; bere tanta acqua; dissetarsi ogni tanto con il mate di coca. La sera arriviamo a tramonto concluso, siamo con i nostri bagagli sulle rive del lago più alto del mondo. La quota è 3800 m s.l.m..
La nostra guida ci carica su un’imbarcazione per portarci in una delle 120 isole galleggianti conosciute come isole degli Uros. Nella notte veniamo condotti attraverso vie d’acqua contornate da Totora (pianta acquatica che cresce sul lago Titikaka in maniera spontanea). Approdiamo su di un isolotto con 4 camere, una sola luce, due persone ad accoglierci con vestiti tipici.
Oggi dormiremo sulla sua minuscola isola che si regge su uno spesso strato di totora. Lo avevo visto solo nei documentari questo popolo ed oggi che ho la possibilità di vivere con loro mi godo ogni attimo. Dopo aver fatto una doccia al semibuio dislocato ovviamente a distanza dalla camera e da dividere con i miei compagni di viaggio e aver gustato un’ottima trota con una patata ed un po’ di verdure, raccolgo anche io un po’ di totora per realizzare un cesto per regalarlo al nostro amico.
Non sarà della stessa manifattura dei loro, ma il bambino lo tiene in mano felice e la mamma, guardando mi dice “Muj bonito”. Grazie alla tradizione trasmessa da papà, oggi una parte di me resterà per sempre ad Uros. La mattina la vista è diversa da quella del giorno prima senza luce naturale. L’isola ha il colore dorato della totora essiccata. Tutto qui è realizzato con quest’erba palustre. Dai piccoli manufatti, alle barche, dalle abitazioni al fondo sul quale si reggono. Tutto ciò immerso nelle acque turchesi del Titikaka. Dopo aver gustato l’alba che colora le acque di un rosso arancio intenso, è la volta di una breve lezione sul popolo Uros prima di salpare alla volta di Isla Taquile.
L’isola è una delle più importanti del Lago con una estensione di circa 6 kmq. Qui partiamo per un breve trekking che ci porta a contatto con la popolazione locale. La giornata è bellissima ed abbiamo quindi la possibilità di camminare su sentieri ben rifiniti in pietra con viste mozzafiato sulle acque cristalline del lago ed i segni ovunque di una cultura contadina. Solita trota a pranzo accompagnata da frittelle di pasta e rientriamo gustandoci il sole che irradia l’acqua di un colore argentato . Salutiamo Taquile alla volta di Puno. Qui mangeremo qualcosa stile street food in attesa dell’ultimo pullman notturno direzione Cusco e la Valle Sacra. Il viaggio è ancora lungo e le sorprese che ci aspettano sono ancora tante. Ad una domanda forse potrei rispondere. Volete sapere ad esempio se è vero che i Lama sputano? Chiedetelo al mio compagno di viaggio Antonio. Francesco Torrico
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