Finalmente, dopo mesi, abbiamo il piacere di poter accompagnare Francesco Torrico in un nuovo viaggio. In realtà, come sempre e come nelle altre occasioni di viaggio, sarà lui ad accompagnare noi. Con le sue parole, descrizioni, testimonianze e molto altro, è lui a portarci, fin dentro casa, comodamente da fermi, “occhi diversi”, quelli che regala a noi per areare e vedere mondo nuovi.
(Articolo a cura di Francesco Torrico) CambiaMenti. “Cambiare macchina è fin troppo facile. Cambiare donna un po’ più difficile. Cambiare vita è quasi impossibile.”
Sono queste le parole con cui Vasco inizia la sua canzone dal titolo “Cambiamenti” è che, in prossimità di questa nuova avventura, prendo in prestito per iniziare questo racconto di viaggio.
Che siano tristi o felici, forzati o derivati da libera scelta, perenni o momentanei, i cambiamenti fanno parte della nostra vita. Ma, alla stessa vita, appartengono anche passioni che viaggiano a braccetto con essa.
È in questo modo di pensare che “Cambiare vita è quasi impossibile” perché, chi è come me, ogni volta che ha la possibilità di mettere uno zaino in spalla, non perde l’occasione per farlo.
Mentre le news odierne ci conducono, grazie a notizie accompagnate da immagini spesso atroci, in Medio Oriente, io torno indietro di qualche mese. Degli ultimi viaggi fatti, l’unico per il quale non ho scritto per TheReportZone è stato proprio quello che mi ha portato a toccare quei due stati, Israele e Palestina, per i quali ci vorrebbe un libro intero e non semplici parole. Una storia che parte da lontano, che tocca luoghi sacri condivisi da religioni diverse. Che si contorce attraverso una trama talmente tanto complicata da cui risulta impossibile districarsi ed il cui risultato, oggi, sono solo le parole “odio”, “morti”, “bombardamento”, “attacco di terra” (… e mi fermo, ma potremmo continuare per molto).
In Medio Oriente ho calpestato la terra sulla quale hanno camminato uomini che hanno formulato la frase: “Amerai il prossimo tuo come te stesso”. Su quella stessa terra, ho visto ragazzini indossare una divisa ed imbracciare un fucile. Ne ho visti altri, non avere nemmeno la possibilità di frequentare una scuola. Infine ho visto le foto dei bambini che non ci sono più perché uccisi per mano di altri ragazzi in nome di un Dio. Tutti che vivono con la famosa Spada di Damocle che pende sulle loro teste e con il crine di cavallo pronto a rompersi a seconda della propria appartenenza, religione ma soprattutto fortuna. Tutti giovani ma già con la vita legata ad un filo fragilissimo nelle mani di burattinai e ciarlatani ricollegabili a quel famoso detto “Armiamoci… e partite”.
Confini divisi da transenne, armi e ideologie. Confini divisi da mura di cemento armato e protette da cecchini.
Quando sentivo le persone parlare per sentito dire, una volta, provavo tanta rabbia. Oggi provo semplicemente un’immensa compassione. Sento cristiani pronunciare frasi tipo: “Se ti attaccano sei costretto a difenderti” e chi come me ha visto quelle facce e respirato quell’aria intrisa di odio, non può che stare in silenzio. Da non cristiano, oggi, non rimpiango il tempo perso in una chiesa anni fa con il coro o durante una messa ma non ne serbo nemmeno i ricordi. Conservo invece vive le lezioni al catechismo di Don Dionigi Baldino.
“Piglia ‘o vangelo. Matteo 5,38 – 42. Liegg.” Ed in quel paragrafetto l’essenza di ciò che per tutti, soprattutto i cristiani, dovrebbe essere ma non pare che sia. Quell’insegnamento che dice pressappoco così: “… anzi se uno ti percuote la guancia destra, tu porgigli anche l’altra…”
Oggi l’altra guancia non la porgiamo. Nemmeno se la guerra, fortunatamente, non la viviamo in prima persona. Perché dobbiamo schierarci con la vita degli altri come se fossimo ad una partita di calcio. Tifare per Milan o Napoli oggi, per la maggior parte della società odierna interamente votata al progresso a parole, che sempre più spesso diviene regresso nei fatti, pare sia lo stesso che tifare per Israele o Palestina ed in questo schieramento, dopo aver visto le sofferenze dell’uno e dell’altro, non posso che sentirmi neutrale. Senza appoggiare o incolpare nessuno ma augurando, a chi la vive, quel cambiamento in meglio, che per Vasco, viene cantato come “quasi impossibile”.
Qualcuno potrà trovare arcaici i riferimenti alle sacre scritture. Altri (come la mia guida a Gerusalemme) potranno trovarli inutili in quanto ebreo, musulmano o altro. Ma nella vita abbiamo altre persone cronologicamente più vicine a noi, che ci hanno lasciato in eredità insegnamenti di pace. Nonostante abbia combattuto alla pari di ogni altro generale, Mohāndās Karamchand Gāndhī, lo ha fatto senza fare ricorso alla violenza e raggiungendo comunque lo scopo prefissato.
Oggi partirò da Falciano del Massico con destinazione Delhi. Arriverò nella stessa città in cui Gandhi ha esalato il suo ultimo respiro a causa di un colpo di arma da fuoco. Il luogo in cui, un uomo di pace, il “Mahatma” ossia la “Grande anima” è riuscito, almeno per poco, a trasformare in realtà ciò che per il mondo è e resta, nonostante i suoi insegnamenti, utopia.
Dalla capitale mi inoltrerò attraverso il Rajasthan fino a Jaisalmer, poco lontano dalla frontiera con il Pakistan per poi virare a est verso l’Uttar Pradesh. Come sempre lo farò zaino in spalla. Dormirò nelle Haveli1, mangerò la samosa2 con le mani. Viaggerò con i treni tra una città e l’altra insieme alle persone del posto che parlano 23 lingue ufficiali e fino a 2000 dialetti, prima di arrivare ad ammirare una delle sette meraviglie del mondo: Il Taj Mahal.
La quinta della mia vita dopo il Colosseo, Chichen Itza, il Cristo Redentore e Machu Picchu.
Infine arriverò sulle rive del Gange durante il Diwali3, “la festa della luce interiore che protegge dall’oscurità del male” ed associabile, per importanza, al nostro Natale. La vivrò nella città sacra di Varanasi sulle rive del Gange. Mi immergerò tra quella folla di fedeli, tra pile che ardono 24 ore su 24 i corpi privi di vita di coloro che vogliono sfuggire al samsãra4 ed una volta tornato, spero di capire se, come diceva Terzani “In India ci si adatta, si accetta e presto si entra in quella logica per cui niente è davvero drammatico, niente è terribilmente importante “.
Questo cammino di certo porterà, così come ogni altro viaggio, ricollegandomi alle prime parole, un “cambiamento” nel mio essere.
Spero di riuscire, con qualche immagine e qualche riga, a far viaggiare con me soprattutto chi, per un motivo o per l’altro, non ha la possibilità di farlo.
Namastè .
(in memoria di Aboud Shadi morto a 13 nel campo profughi di Aida a 2 km a nord di Betlemme e a tutti gli innocenti morti a causa di una guerra)
1 Haveli: Casa tradizionale
2 Samosa: Piatto tipico indiano
3 Diwali: Festa delle luci. Festa nazionale che simboleggia la vittoria del bene sul male. Della luce sulle tenebre. Durante tale periodo, in ogni casa si usa accendere una candela o una luce tradizionale chiamata Diya creando uno spettacolo di luci unico al mondo.
4 Samsãra: Ciclo vitale di morte e rinascita.
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