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Misura di Prevenzione della confisca di beni proveniente dal clan La Torre. Sequestrata la casa di Massimo Gitto e poi restituita.
Napoli, 31.05.2019. La difesa vince in primo grado. La Procura di Napoli sez. DDA fa appello e vince di nuovo la difesa anche in secondo grado.
La Corte di Appello di Napoli, ottava sezione penale, ha esaminato l’appello proposto dal Pubblico Ministero contro il decreto del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, che aveva rigettato la proposta della D.D.A. di Napoli P.M. D’Alessio di confisca di un immobile situato a Mondragone, intestato a Nicolina Laudato – difesa dagli avv.ti Gianluca Bencivenga e Alberto Tortolano – moglie di Massimo Gitto, legato all’epoca al clan camorristico La Torre.
Profilo Personale: La Corte ha osservato che la questione riguardava solo il profilo patrimoniale, poiché Massimo Gitto era già stato destinatario di una misura di prevenzione personale. Non vi erano dubbi sulla sua pericolosità sociale né sulla sua appartenenza al clan La Torre, accertata in diversi procedimenti giudiziari e condanne.
Profilo Patrimoniale: In merito alla confisca dell’immobile, il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere aveva stabilito che l’immobile, sebbene intestato alla moglie di Gitto, Nicolina Laudato, fosse stato acquistato dai fratelli di quest’ultima, Giuseppe e Pasquale Laudato, nel 1989 tramite un mutuo. La documentazione prodotta dimostrava che i fratelli avevano una capacità economica sufficiente a sostenere il pagamento delle rate del mutuo, e non vi erano prove concrete che collegassero l’acquisto dell’immobile a fondi di provenienza illecita.
Le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia, tra cui Augusto La Torre e Piccirillo Stefano, erano risultate contraddittorie e inattendibili. La Torre, infatti, in un primo interrogatorio aveva negato di aver dato denaro a Gitto per l’acquisto dell’immobile, mentre successivamente aveva affermato che il mutuo fosse stato pagato con fondi del clan. “Il tribunale ha espresso un giudizio negativo sulle dichiarazioni, evidenziando le significative discrasie sia al loro interno ce nel confronto tra le stesse”. Sempre il Tribunale: “che uno dei sodali possieda una casa è circostanza che non richiede particolari capacità divinatorie per essere affermata”.
Il Tribunale ha constatato che dalla relazione redatta dal consulente di parte e dalla documentazione allegata dalla difesa sono emersi dati che consentono di ritenere che la ricostruzione dei redditi dei fratelli Laudato operata dalla polizia giudiziaria non fosse imparziale ed incompleta.
La decisione della Corte di Appello è stata quella di rigetto della proposta di confisca della casa di Laudato (moglie di Gitto) da parte della DDA – P.M. D’Alessio – in quanto, alla luce delle prove presentate dai difensori e delle contraddizioni nelle testimonianze, si ritiene che non vi fossero elementi sufficienti per dimostrare la provenienza illecita del bene.
Gratificazione per il risultato ottenuto da parte dei legali della Laudato (moglie di Gitto), Avv. Gianluca Bencivenga e Alberto Tortolano, i quali si ritengono soddisfatti per aver messo fine ad una vicenda che è passata per due gradi di giudizio e che riguardava una casa coniugale, un tetto sotto il quale vivevano 3 persone.
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